Parte Prima: Il sogno

Pochi giorni fa ho fatto un sogno. Si doveva trattare per forza di un sogno perché mi sembrava che accadesse in televisione e io di solito non guardo la televisione. Inoltre, vi comparivano personaggi strani, non facenti parte di quella che di solito chiamiamo realtà. Dunque si trattava di un sogno, questo mi pare appurato. In questo sogno un sedicente scienziato naturalista pretendeva di parlare di un argomento molto di moda in questo periodo, affrontandolo dal punto di vista scientifico. In questa sua lunga tirata, egli parlava con fare autorevole, come se dalla sua bocca uscisse l’indiscutibile Verità scientifica, ma nel fare questo non citava mai una vera e propria fonte di fatti sperimentali accertabili. Io sono sicuro che queste fonti esistono davvero e che il naturalista non è un imbonitore, magari spinto da qualcuno che ha molti interessi in gioco su quell’argomento. Eppure non ne veniva citata neppure una in modo preciso. Certo, mi si dirà, si trattava di un discorso divulgativo rivolto a persone che non sanno niente di scienza e che non possono capire certi tecnicismi che il nostro naturalista ha voluto bonariamente risparmiare loro! E io sono d’accordo. Ma mi viene il sospetto che non sia soltanto la massa a non capire niente di vera scienza. La scienza non contempla fatti puri, privi di un’interpretazione che si basi su premesse teoriche prestabilite: qualunque spiegazione di eventi è un’interpretazione di quei fatti a partire da premesse teoriche non sempre e non totalmente dimostrabili, che le persone accettano più o meno consapevolmente. Quando poi entra in campo la statistica, come nel caso dell’incidenza di qualcosa su una popolazione, le premesse teoriche e l’interpretazione dei risultati possono cambiare semplicemente tutto. Comunque, già il fatto di presentare un’affermazione scientifica come una verità assoluta implica un cattivo modo di fare scienza, come potrebbe ben spiegare uno scienziato serio, magari un fisico teorico, al nostro coltissimo naturalista! Prima provvisoria conclusione: che il nostro naturalista studi un po’ meglio le teorie epistemologiche più recenti e magari non si limiti alle sue conoscenze liceali di Popper quando parla seriamente della scienza nella sua generalità. Ma fin qui niente di strano: l’ignoranza di certi presunti scienziati riguardo a simili ambiti culturali, di alto livello, è davvero spaventosa. In fondo, poi, ero soltanto all’inizio del mio sogno e poteva ancora accadere qualcosa che mi facesse ricredere. Invece, la cosa più grave è venuta dopo, quando il naturalista si è impelagato in una discussione politico-morale. L’ameno individuo, partendo da un evento di alcuni anni fa, quando ci fu una diffusione del morbillo in alcune parti degli U.S.A., si è lanciato nella campagna a favore dell’imposizione di un vaccino come quello per il morbillo, appunto, a tutta la popolazione. Da questo esempio egli ha dedotto la regola generale che in casi di malattie diffuse bisogna imporre a tutti l’obbligo di vaccinarsi. Ovviamente si è reso conto che in questo modo violava il dettato della Costituzione, che tutela la libertà di scelta nelle cure individuali, ma ha pensato di superare facilmente l’ostacolo costituzionale adducendo come motivo il bene della collettività. In altri termini, secondo il pregiato naturalista, è auspicabile trascurare la libertà individuale di prendersi cura del proprio corpo, sulla base dei principi personali di ciascuno, pur di favorire la salute pubblica: il bene collettivo della società deve trionfare sul volere del singolo individuo, anche se quest’ultimo magari non si riconosce nelle premesse teoriche della medicina più diffusa nella suddetta società. A questo punto del sogno è apparsa un’ombra, con le fattezze attribuite da sempre a Socrate, che ha chiesto al nostro naturalista se si era mai posto un dubbio nella sua vita o se era abituato ad accettare per cieca fede tutto ciò che la sua scienza gli proponeva (si noti che l’ombra non ha fatto riferimento alla “scienza” in generale ma alla “sua scienza”, cioè a quella particolare disciplina in cui crede ciecamente il nostro naturalista). A questo punto sarebbe appropriato fare un bell’elogio del dubbio, ma la cosa rischierebbe di oltrepassare la facoltà di comprensione dei seguaci di una certa “scienza”, perciò lasciamo perdere. L’ombra di Socrate, però, ha continuato il discorso, chiedendo al naturalista se sapesse che cosa è il bene della collettività. Infatti, per poter privilegiare il bene pubblico rispetto alla libera scelta individuale il naturalista deve sapere a cosa corrisponde, in cosa consiste il bene pubblico! A quanto pare egli lo sa! Altrimenti non potrebbe proporre, così a cuor leggero, di calpestare le libertà individuali, e proprio quelle che riguardano la persona e il suo corpo fisico, a favore del bene collettivo, se non sapesse appunto in cosa consiste questo bene pubblico. Ma questo è il colmo: generazioni di filosofi morali hanno dunque discusso per niente? Per secoli ci si è affannati per cercare e dimostrare cosa è il bene della società e cosa vuol dire parlare del Sommo Bene, senza arrivare a una verità condivisa su questo campo. Eppure era così facile: bastava chiedere a un naturalista qualsiasi per sapere cosa è il Bene! Perché affannarsi con ragionamenti filosofici quando la soluzione era così semplice? Non solo dalla bocca del naturalista esce la Verità assoluta (il Verum degli scolastici medievali), ma anche il Bene supremo (alla faccia di Kant, che ci ha scritto sopra l’intera Critica della Ragion Pratica)! Chissà se il prossimo passo sarà un suo discorso sulla bellezza, così, tanto per completare una delle note triadi della filosofia medievale.

Valter Bucelli

filosofiaquantistica – Filosofia quantistica (wordpress.com)

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