LIBERTÀ E PSICHE
Tessiture in narrazioni e poesie

FIRENZE, 20 APRILE 2024 ore 16.30
Giardino Nidiaci, via dell’Ardiglione 30

Voci della coscienza: quattro psicologi raccontano

Voce Narrante: Adelaide Mancuso

Musica: Pamela Larese

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👉Gentilezza, di Erica Varoli Luce

Gentilezza

di Erica Varoli Luce

La parola che ho scelto per parlarvi del libro è “gentilezza”.
Dovete sapere che, mentre cercavo di preparare questo intervento la mia mente analitico-razionale ha avuto il sopravvento. Ho incominciato a pensare a una definizione di gentilezza, e a dove poter recuperare dati che potessero sostenere le mie affermazioni, quello che mi frullava per la testa e che sentivo importante portare qui questa sera. Qualcosa che potesse dimostrare la validità del mio sentire, la validità dello scegliere la via della gentilezza per coltivare il bene proprio e altrui.
Nomi noti l’hanno fatto prima di me (E.g. Biologia della gentilezza. Le 6 scelte quotidiane per salute, benessere e longevità, Immaculata De Vivo & Daniel Lumera, Mondadori, Milano [2021]), e quindi in qualche modo avrei dovuto studiare. Ma sentivo che così qualcosa di autentico mi moriva dentro.
Poi ho semplicemente guardato fuori dalla finestra. Erano i primi giorni di primavera. Il sole era straordinariamente caldo e luminoso e il giardino di casa era un’assoluta esplosione di vita.
Lì ho incontrato la gentilezza.
Uno sguardo di amorevole meraviglia rivolto alla forza del seme che germoglia in un bellissimo e colorato fiore, che porta nel suo grembo, la potenza del succulento frutto che diventerà.
Guardare e assaporare con gentilezza la vita.
Per me è guardare la vita come a un concatenarsi di “intime esperienze esistenziali” che ci scegliamo – forse ancora prima di scendere in questa dimensione corporea – per darci la possibilità di evolvere, di diventare quei meravigliosi fiori che la primavera porta con sé, e manifestare i nostri succulenti frutti che raccoglieremo in estate.
E mentre rimanevo lì, affacciata alla finestra a respirare tutta quella spudorata bellezza, sentivo esplodere dentro di me quella stessa energica vitalità che riempiva la natura intorno.
La gentilezza porta in sé il seme dell’unione, quel senso di appartenenza alla “gente”, a una stirpe, a un popolo, a una grande famiglia.
Qualcuno ha detto che la gentilezza è una qualità animica, è una caratteristica dell’anima, del nostro essere più profondo e autentico. È così che quel senso di appartenenza a cui richiama l’essere gentili ci spinge oltre e si apre ad altro. Abbraccia i confini impalpabili dell’anima e fa cantare in noi il sentirci parte di un’unità più grande, uniti tutti dallo straordinario miracolo della vita.
E poi il vento ha portato delle nuvole che hanno oscurato il sole. Un’aria fredda, coda di un inverno ancora sulla porta, è entrata dalla finestra. E io ho subito chiuso quel mio affaccio alla vita. Dentro di me, quel fiume gentile che solo pochi istanti prima sgorgava con così tanta naturalezza, ora richiedeva uno sforzo di presenza. Facile avere uno sguardo gentile quando tutto intorno è una festa di profumi, colori, tepore, e luce. Ma è nella tempesta che siamo veramente chiamati a guardare la vita, a guardare l’altro, con gentilezza. A radicarci in questa qualità dell’anima e scegliere, con un atto di volontà, di vedere al di là dell’increspatura delle onde e di scendere nella profondità degli abissi.

E allora, per me, guardare con amorevole gentilezza l’altro significa scegliere di andare oltre la rabbia e la frustrazione. Significa rimanere saldi nell’anima e immergersi nell’idea profonda che quello che vediamo dell’altro è solo una parte della verità, la nostra idea, la nostra proiezione di verità. Ma che la verità profonda è qualcosa che va oltre, a cui non necessariamente abbiamo e avremo accesso.
E allora, per me, guardare con profonda e autentica gentilezza l’altro significa scegliere di andare oltre l’ingiustizia, vedendo in quel gesto che percepiamo come ingiusto la manifestazione di una tappa del percorso di crescita e di consapevolezza di sé che l’altro sta intraprendendo.
E in questo la natura ci aiuta, ogni seme infatti germoglia nel momento esatto in cui è pronto a farlo. Né prima né dopo.
Essere gentili verso l’latro significa nutrire nei suoi confronti amore incondizionato. Significa allenarsi a vedere nel profondo il suo seme, il meraviglioso fiore che diventerà, e quel succulento frutto con cui nutrirà la terra. Significa accogliere e abbracciare le infinite e mutevoli forme delle esperienze della vita, fiduciosi che tutte porteranno, con il loro ritmo e il loro passo, al ricongiungimento in quell’unità che ci abita tutti.
La ciclicità della vita e delle stagioni mi insegna che dopo ogni inverno ci sarà sempre una nuova primavera. Ma mi mostra anche che ogni stagione è importante, e anche l’inverno è saggio. È un momento per stare, e fermarsi. È un tempo per morire fuori e nutrire il dentro. È uno spazio di contemplazione del nostro mondo interiore, di visione, di preparazione del terreno che accoglierà quel seme che germoglierà a primavera.
E così, volgere uno sguardo gentile all’altro, è anche guardare con gentilezza noi stessi. Specchiarci e rispecchiarci. Accogliere ciò che l’altro dice di noi. Guardarci con gentilezza attraverso gli occhi dell’altro significa prendere quello che vediamo come occasione che la vita ci offre per fare un passo ancora più in là nel nostro viaggio di manifestazione. E significa anche essere in grado di lasciare andare il resto, ciò che non è nostro, ma dell’altro.
E così, ai miei occhi, scegliere di intraprendere questa via della gentilezza non significa soffrire nel tentativo di farci andare bene le cose così come sono, o nel tentativo di convincere gli altri della validità della nostra verità – come cercavo di fare all’inizio di questo contributo. Per me significa continuare a camminare i nostri passi con gratitudine. Significa avere fiducia nel cammino della vita. Significa agire con coraggio e lasciare andare chi (o cosa) abbiamo incontrato lungo la strada, se le nostre vie divengono inconciliabili. Significa avere la forza di farlo inondando l’altro di amore e luce.
E fare lo stesso con noi, con le nostre ombre, quelle parti di noi che una volta amate contribuiscono a farci risplendere.
La gentilezza è un seme che abita tutti, ma è con cura e dedizione che può sbocciare.
È un atto di consapevole volontà, un esercizio quotidiano, scegliere di camminare, giorno dopo giorno, la via della gentilezza.

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