A poche settimane dalla pubblicazione della seconda edizione del nostro dossier su PRATO nell’EMERGENZA CLIMATICA PRATO NELL’EMERGENZA CLIMATICA seconda edizione, i progetti dell’amministrazione comunale in termini di nuovi impianti, ulteriore cementificazione del suolo e privatizzazione dei beni comuni, hanno preso forma con le recenti presentazioni del textile Hub di ALIA e dell’essiccatore di fanghi di Gi.Da.

Secondo i proponenti si tratta di impianti innovativi da sottoporre ai finanziamenti del PNRR ma nella realtà si ravvisano tutte le criticità di un ulteriore ingolfamento della zona Sud, con misure compensative soltanto di facciata, al pari della solita operazione di ‘green washing‘.

Senza addentrarci nelle questioni tecniche, su cui alcuni esperti hanno di recente espresso le proprie riserve; gli aspetti più gravi afferiscono però alla sostenibilità ecologica e alle ricadute sull’ambiente e sulla salute.

La localizzazione degli impianti in siti per niente idonei e contraddistinti da diversi vincoli – come quello paesaggistico, quello del metanodotto e dell’elettrodotto ed infine quello idrogeologico – non fa che incrementare l’impatto del consumo di suolo e delle emissioni dovute alla movimentazione dei mezzi.

Oltretutto nell’area sono presenti importanti pozzi di PubliAcqua, la cui rimozione si traduce in costi, che già di per sé ravviserebbero l’insostenibilità dell’operazione.

Non è quindi solo l’approccio ‘NIMBI‘ di una popolazione, che pure vede familiari, amici e conoscenti falcidiati da malattie degenerative e tumorali, soprattutto nella zona fra Cafaggio, Fontanelle e Paperino, ma sono considerazioni più generali sulla pianificazione dell’area anche in termini di ambiente e socialità, con un nuovo capannone di 9000 mq posto a confine con la nuova impiantistica progettata da GIDA,  composta da impianto di digestione anaerobica, essiccatore, tre cogeneratori e un nuovo inceneritore di fanghi di grande impatto ambientale e perciò già oggetto di ricorso al TAR.

Il fatto poi che le società partecipate coinvolte siano destinate a confluire nell’operazione di MultiUtility Toscana preoccupa ancor di più e sotto diversi aspetti.

Ormai la tendenza politica è quella di espropriare i cittadini dei beni comuni,     privatizzare i profitti sugli stessi, a favore degli azionisti sia pubblici che privati,

 pubblicizzando casomai le diseconomie causate da una eventuale inefficiente gestione dei servizi, direttamente incrementando le tariffe applicate ai cittadini/utenti.

Non a caso questi progetti sono stati annunciati senza alcun percorso partecipativo o coinvolgimento della cittadinanza, riproponendo la chiusura dell’amministrazione alla partecipazione civica, in favore degli interessi particolari più influenti.

Pare infatti che il riciclo in questi casi si manifesti soprattutto nella riproposizione di opere obsolete con nomi innovativi, oltre che nelle nomine dei vertici che passano dai partiti alle società partecipate.

A questa deriva sarebbe invece da preferire un’economia circolare davvero efficiente, con la trasformazione del costo di smaltimento in valore di riuso dei materiali.

Sulla Piana sembrano tornare ad addensarsi nubi nocive, pur essendo già fra le zone più inquinate della Toscana secondo i dati ARPAT e anche a livello europeo, sulla base della mappatura dell’OMS.

All’approssimarsi dell’auspicata fine dell’emergenza pandemica, la crisi climatica sembra trovare nuovi referenti con questi piani, perciò non si può stare a guardare indifferenti e occorre mobilitarsi per far sentire la voce della cittadinanza di fronte allo scempio e alle speculazioni sul territorio.

La Nazione, domenica 13 febbraio 2022

osservatorio ambientale 13 febbraio 2022

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